lunedì 26 settembre 2016

Hal e Minnie: La festa in giardino

Uno sprazzo di rosso tra gli alberi attirò il suo sguardo: per un istante pensò che fosse un uccello esotico, attratto dall'abbondanza di frutti così particolari.  Poi sentì delle voci e un momento dopo lui apparve su quella piazzola sterrata dove s'incrociavano i sentieri.  Un soldato, in quella che doveva essere la sua completa uniforme: uno sfavillio di scarlatto e oro, accompagnato da lucidi stivali neri fino al ginocchio e la spada alla vita.
Non era alto, anzi. Appariva piuttosto magro e vedendolo di profilo, mentre si voltava per parlare con il compagno, i lineamenti del viso sembravano molto fini. Eppure era là in piedi diritto, con le spalle quadrate e la testa alta. C'era qualcosa in lui che le ricordò un gallo- e un atteggiamento profondamente fiero, orgoglioso e completamente ignaro delle proprie dimensioni, sempre pronto ad affrontare qualsiasi situazione.
Il pensiero la distrasse così tanto che ci volle un momento prima che si accorgesse del suo interlocutore. Il compagno non era vestito come un soldato ma era comunque molto elegante: indossava un velluto dorato e una fascia di satin blu, arricchito da qualche medaglia apposta al petto- di questo o quell'altro Ordine, pensò lei.  Nonostante il vestiario ricordava decisamente una rana, pallido e con una bocca ampia, gli occhi fissi e piuttosto grandi.
La vista dei due, il gallo e la rana impegnati in una conversazione tanto allegra, la fece sorridere dietro il ventaglio e non si accorse del gentiluomo che si era fermato alle sue spalle, finché questo non parlò.
"Vi piacciono i cactus... madame?"
"Potrei, se sapessi cosa sono... " rispose lei, voltandosi per trovarsi di fronte un signore, giovanile nel suo abito color prugna, che la osservava molto attentamente. 
"Uhm... effettivamente mi piacciono le piante grasse" confermò. Si schiarì la gola, sperando di ricordare il termine esatto. "In particolare la...ehm...Euphorbia".
La domanda negli occhi dell'uomo svanì, sostituita da divertimento. La scrutò dall'alto in basso, in un modo che in altre circostanze avrebbe potuto essere offensivo. Lei arrossì ma cercò di sostenere il suo sguardo e aggrottò le sopracciglia.
"Mr. Bloomer, suppongo?"
"Al suo servizio" disse sorridendo mentre le offriva il braccio. "Lasci che le mostri le Euphorbias, Signorina...?"
Un momento di panico; chi doveva essere, o ammettere di essere?
"Houghton" disse. "Lady Bedelia Houghton"
"Ma certo" disse, il volto serio. "Incantato di fare la sua conoscenza, Lady Bedelia"
S'inchinò leggermente, lei prese il suo braccio e insieme camminarono lentamente nel bosco.
C'erano diverse serre collegate l'una all'altra e dovettero attraversare piccole giungle di filodendri, piante che non avevano mai abbellito nulla di più di una sala da pranzo, con foglie dentellate larghe quanto Minnie stessa, polpose e verdi, simili alla seta bagnata.
"Sono piuttosto velenosi, i filodendri", disse Mr. Bloomer con un cenno casuale.  "Tutti. Lo sapeva?"
"Me ne ricorderò".
E poi tanti alberi-fichi, le aveva detto Mr. Bloomer -il cognome sinonimo di fiore, non a caso- con i rami intrecciati, le foglie sottili e un dolce profumo di antico: su alcuni si arrampicano delle viti, avvolte al tronco dei poveri fichi con una forza straordinaria, come robusti rampicanti su di un’esile corteccia.  E infine, eccola: la dannata Euphorbia.
Non avrebbe mai pensato all'esistenza di una cosa simile. Molte di loro non sembravano nemmeno piante e quelle che lo erano, sembravano strane perversioni del regno vegetale, con sottili rami spogli che spuntavano come crudeli spine. Altre ancora assomigliavano a una strana lattuga, bianca e aggrovigliata con bordi rosso scuro, come se qualcuno l'avesse usata per tamponare del sangue.
"Anche questi sono piuttosto velenosi, soprattutto la linfa. Non vi ucciderà ma non vorrei che vi finisse negli occhi."
"Nemmeno io." Minnie afferrò ancor più saldamente il parasole, pronta ad aprirlo nel caso una delle piante avesse deciso di sputarle addosso: sembrava che molte di loro non aspettassero altro.
"La chiamano "Corona di spine" disse Mr. Bloomer, facendo cenno con la testa ad una cosa particolarmente orrida con lunghe spine nere che spuntavano in ogni direzione.
 "Ah."
 A quel punto lui si accorse della sua espressione, sorrise e indicò con la testa l'edificio vicino. "Andiamo; la prossima collezione vi piacerà di più".
"Oh", disse in tono flebile. Poi "OH"  con voce molto più alta.
La nuova serra era molto più grande delle altre, con un alto soffitto. L'atmosfera era piena della luce del sole che illuminava migliaia di orchidee che scendevano dai tavoli e dagli alberi come cascate di bianco e oro, e viola e rosso e...
"Oh..." Sospirò di felicità e Mr. Bloomer rise.
Non erano soli nella loro ammirazione. Tutte le serre erano famose: in molti avevano ammirato quelle piante spinose, grottesche e velenose ma la serra delle orchidee era sempre piena di visitatori e l'aria era pervasa da scintille di meraviglia e delizia.
Minnie inspirò più che poté, annusando. L'aria era profumata da una gran varietà di fragranze, tanto da far naufragare la sua mente.
"Non fermarti qui." Mr. Bloomer, guidandola da una delizia all'altra, mise la mano davanti ad un grande vaso di orchidee verde scuro con i petali sottili, come per nasconderla. "Carne marcia."
Annusò cautamente e indietreggiò.
"E perché diamine un'orchidea dovrebbe mai puzzare di carne marcia?" domandò.
Le rivolse uno sguardo curioso, ma sorrise.
"Ogni fiore ha un colore e un profumo diverso per attrarre gli insetti che li impollinano. Il nostro amico Bulbophyllum laggiù ad esempio" indicò con la testa la pianta verde," conta molto sull'aiuto dei coleotteri. Vieni, questo profuma di noce di cocco: ne hai mai sentita una?"

Traduzione di Federica

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